Una lunga strada
Pizza italiana, napoletana, gourmet, tradizionale, innovativa,"focaccia en travesti", sono tante le definizioni, o pseudo tali, che contraddistinguono le (infinite?) diatribe sulla pizze. Da queste definizioni fondamentalmente nascono i metri di giudizio da adottare per valutarle: ma non potremmo semplicemente gustarcele, o dobbiamo per forza disquisirne? E, in definitiva, non potremmo semplicemente lasciare a ognuno la libertà di scelta su quella che ciascuno reputa la migliore?
Anyway, pensereste che un segno distintivo di Franco Pepe sia l'impasto? la cottura? le farciture? No: il suo singolo tratto differenziale è lo studio, sì lo studio. Il segno caratteristico di Franco Pepe, e di pochi altri, non è solo il sapore delle pizze, ma il fatto che ogni proposta sia frutto di studio e ragionamento. Ed è per questo che Franco praticamente viaggia sempre con un suo corposo e ordinato faldone/cartella di appunti, note, idee, risultati.
Già 4-5 anni fa questa cartellina era molto gonfia, ma solo ieri mi sono reso conto di quanto Franco continui a studiare, ripassare e confrontarsi con colleghi e con se stesso, per poter realizzare le sue intuizioni e la sua visione de "la pizza di Franco Pepe".Insomma i percorso che ha portato Franco a NY ancora una volta è iniziato molto, molto tempo fa e probabilmente neanche lui poteva immaginare dove lo avrebbe portato.I frutti di questo intenso percorso di studio sono da tempo usciti dai confini di Caiazzo per espandersi sempre di più e in questi giorni una delle affermazioni, più tangibili e visibili: una sua master class a New York, nell'ambito di Identità golose 2016 dedicata quest’anno a come ridurre gli sprechi alimentari. IG 2016 quest'anno include chef del calibro di Massimo Bottura,, Lidia Bastianich, Matthew Kenney, Alex Atala, Niko Romito e Fortunato Nicotra.
Dieci anni fa sarebbe stata un’eresia il pensare di avere nella stessa manifestazione, alla pari, uno chef tristellato, o meglio IL tristellato per antonomasia, e un pizzaiolo. Ora no, non più: pizzaioli e chef si cercano sempre più spesso, anche se non sempre con risultati esaltanti per il prodotto finale. Ci sono casi in cui però la sensibilità del pizzaiolo è in grado di calibrare ingredienti, cotture, sfumature di sapori con sensibilità degne di un grande chef.
Le pizze presentate IG New York 2016 hanno richiesto varie ore di preparazione dei singoli ingredienti: grana con 2 stagionature, crema di cipolle di Alife, pane abbrustolito alle erbe, povere di olive caiatine e altri: ciascun ingrediente è stato frutto di un singolo studio e di una preparazione specifica.
L'impasto sempre rigorosamente a mano è noto a chi conosce Franco Pepe, ma in una platea ignara suscita sempre una reazione di meraviglia e breve disorientamento.
Lidia Bastianich ha agevolmente condotto la presentazione bilingue inserendo anche aneddoti della propria vita personale e professionale.
Il risultato sono state due pizze imprevedibili, godibilissime, non composte con la sola smania di esporre "i meglio ingredienti" ma con il fine di proporre un piatto/pizza dal gusto nuovo.
Quindi nessuno tocchi o rinneghi la marinara e la margherita, sia a costi popolari che "gourmet", ma rendiamoci anche conto la strada intrapresa di alleanza, non fine a se stessa, fra chef e pizzaioli è quella che consentirà alla pizza italiana/napoletana/gourmet/tradizione/innovativa di continuare ad essere uno dei cibi più preferiti dai clienti di tutto il mondo.
La pizza Granai d'autunno
La pizza Terra Felix
Alla fine Franco ha voluto omaggiare la "preside" Lidia Bastianich con il suo ciondolo portafortuna: una riproduzione del suo "miglior errore": la margherita sbagliata.